L’ennesima inchiesta di “Report” sulla Premier ha creato un altro “casus” sul quale l’opposizione ha messo le mani nel disperato tentativo di far scivolare sulla classica buccia di banana il governo Meloni.
Ma la trappola è rimasta ancora una volta senza la sua vittima.
Difatti la premier ha risposto prontamente alle accuse che le sono state rivolte dall’inchiesta condotta da Ranucci i cui metodi hanno messo alla luce, ancora una volta, la solita approssimazione, condita dalle solite provocazioni e mistificazioni dei fatti, sistemi già usati da questa trasmissione per produrre inchieste che anche in passato si sono rivelate pretestuose ed infondate.
Sui social le iene della sinistra e dei pentastellati si sono scatenate in una serie di attacchi dando per scontato che quanto era stato trasmetto da Report fosse la pura e sacrosanta verità.
E’ stato evidente, a leggere certi commenti dei soliti anonimi che già da soli si definiscono per quelli che sono, che la canea degli urlatori da “tastiera” avesse fatto propria solo la versione data dall’inchiesta senza aver preso minimamente in considerazione una sola parola detta dalla Premier durante l’intervento in Senato fatto il giorno successivo alla trasmissione.
La menzogna più eclatante tra le varie trasmesse da Report, è stata quella che ha riguardato l’accatastamento dell’immobile come “villino” (categoria A/7) anziché “villa” (A/8), cosa che avrebbe permesso alla Meloni di risparmiare circa 70.000 euro in tasse (ad esempio, IVA ridotta al 4% per prima casa).
Vero, che l’immobile fosse accatastato in categoria A7, ma la proprietà era presente in quella categoria all’atto dell’acquisto e non successivamente al fine di risparmiare i 70mila euro denunciati da Report.
Sono stati i lavori di ristrutturazione che hanno portato il villino ad essere identificato come villa e quindi accastasta poi in categoria A8.
La contestasione sull’IVA al 4% quale prima casa ha poi del grottesco.
Ogni cittadino italiano ususfruisce di tale riduzione quando la propria abitazione è dichiarata come prima casa.
L’opposizione ha poi chiesto alla Premier notizie ed informazioni riguardanti la sua privacy cavalcando i dubbi e le ombre create dall’inchiesta di Ranucci.
Il rifiuto di fornire dati personali e privati al fine di salvaguardare l’incolumità della figlia oltre che di se stessa, era l’ovvia risposta che la Meloni potesse dare alla canea politica che urlava dai banchi dell’opposizione.
Per queste ragioni, più che condivisibili, non ha rivelato il nome della ditta edile che ha compiuto i lavori né prove di pagamenti, respingendo insinuazioni di irregolarità o “coperture”.
Insomma Report si è dimostrata nuovamente di parte, ovvero ha confermato di essere uno strumento politico che usa il giornalismo per colpire gli avversari politici.
Questo è lo stesso metodo che per decenni è stato usato da una certa magistratura che ha usato la toga per lsconfiggere il proprio nemico polico.
Ecco perchè, tanto gli ambienti del giornalismo quanto quelli dei tribunali vanno rivisti e corretti attraverso determinate riforme che rimettano sulla giusta strada due importantissimi strumenti che sono parte fondamentale della società e che, se venissero lasciati nello stato in cui versano, continuerebbero a provocare caos informativo, ingiustizie giudiziarie e profonda confusione nei cittadini.